Con la importante sentenza del 31 maggio 2023 n.15397 la Cassazione ha ribadito alcuni importanti principi in materia di perfezionamento della comunicazione a mezzo raccomandata. Le sentenze di merito avevano respinto le  domande di una lavoratrice volte ad ottenere l’annullamento del licenziamento disciplinare per intervenuta decadenza dal potere di impugnazione entro 60 giorni ai sensi dell’art. 6, l. 604/66, ritenendo  valida la comunicazione del licenziamento avvenuta per compiuta giacenza della raccomandata inviata al domicilio della lavoratrice, e ciò nonostante che  la società datrice di lavoro avesse omesso di produrre in giudizio copia dell’avviso immesso nella cassetta.  In particolare, la decisione del Tribunale  e della Corte di Appello avevano  ritenuto idonea a dimostrare il perfezionamento del procedimento notificatorio la produzione della ricevuta di invio della raccomandata contenente la lettera di licenziamento, accompagnata dalle schede informative di Poste Italiane dalle quali si desumevano la mancata consegna della raccomandata, il suo deposito presso l’ufficio postale e la sua restituzione al mittente all’esito della compiuta giacenza. La Cassazione, nel confermare le decisioni di merito, ha  osservato che: (a) la presunzione legale di conoscenza degli atti unilaterali diretti a un determinato destinatario, di cui all’art. 1335 c.c., opera per il solo fatto oggettivo dell’arrivo dell’atto nel luogo indicato nella norma e può essere superata solo allorché sia fornita la prova contraria dell’impossibilità di averne notizia senza colpa da parte del destinatario; (b) nel caso in esame, la presunzione di conoscenza della lettera di licenziamento non si fondava sulla sola prova della spedizione della raccomandata, avendo la società datrice di lavoro documentato anche le attività svolte dall’agente postale incaricato della consegna e la compiuta giacenza; (c) la lavoratrice, dal canto suo, non era stata invece in grado di fornire la prova dell’impossibilità di avere notizia della comunicazione senza colpa, essendo la comunicazione pervenuta all’indirizzo che ella stessa aveva fornito al datore di lavoro, e non potendosi ritenere sufficiente a vincere la presunzione la mera allegazione di non avere mai rinvenuto l’avviso di giacenza nella sua casella postale.

 

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