Con sentenza n. 106 del 30 settembre 2020, il Tribunale di Udine ha affermato l'importante principio secondo cui il lavoratore, dimissionario “a voce” il quale, non avendo fatto la procedura telematica obbligatoria, prevista dal DM del Ministro del Lavoro in esecuzione della previsione contenuta nell’art. 26 del D.L.vo n. 151/2015, con assenze continue non giustificate, aveva costretto il datore di lavoro a procedere alla risoluzione del rapporto per giusta causa, nel rispetto della procedura prevista dall’art. 7 della legge n. 300/1970, è tenuto a rifondere allo stesso la somma dovuta a titolo di ticket di ingresso alla NASPI già pagato dallo stesso (euro 1.469 euro).
La decisione del Tribunale si basa sull’accertamento “della provenienza della volontà risolutiva del rapporto di lavoro” da parte del dipendente, per cui è stato ritenuto che il lavoratore perseguisse un obiettivo non legittimo, quello cioè di indurre il datore di lavoro al licenziamento al fine di ottenere l’indennità di NASPI.