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Lo Studio
Lo studio legale dell’Avv. Fabrizio Domenico Mastrangeli svolge dal 1987 attività di consulenza, assistenza e difesa, nelle sedi stragiudiziali e giudiziali, prevalentemente in materia di diritto del lavoro, diritto sindacale e della previdenza sociale, pubblico impiego (privatizzato e non). Nel corso degli anni, anche attraverso la collaborazione con altri professionisti, lo studio ha ampliato l’oggetto della propria attività, che attualmente, oltre al diritto civile tradizionale, investe anche il diritto societario, il diritto fallimentare ed il diritto tributario. Avvalendosi di proficue collaborazioni in tutta Italia, principalmente in Roma, Milano e Firenze, lo studio opera sull’intero territorio nazionale.
Sia nel 2019 che nel 2020 lo studio è stato riconosciuto fra gli "Studi Legali dell'anno" da Il Sole 24 ore
La sentenza n.125/22 della Corte Costituzionale ha fatto nascere il dibattito se l’obbligo di repechage costituisca o meno parte integrante del fatto posto a base del licenziamento.
Le prime decisioni della Corte di Cassazione si sono orientate nel senso affermativo: infatti, la Cassazione con la sentenza n. n.33341 del 11 novembre 2022 ha annullato una decisione di merito che aveva somministrato una tutela meramente indennitaria, invitando il giudice del rinvio a rivalutare la questione alla luce del mutato quadro normativo.
Pur non esprimendosi direttamente, va rilevato che il motivo di ricorso consisteva nel fatto che, secondo l’istante, a fronte dell’accertata violazione dell’obbligo di repechage si sarebbe dovuta disporre la reintegrazione del lavoratore.
Avendo la Corte cassato la sentenza di secondo grado a fronte di tale doglianza, già da questa prima decisione pare evidente che la Cassazione continui a considerare l’obbligo di repechage come parte del “fatto” costitutivo del giustificato motivo oggettivo, in quanto –diversamente opinando- avrebbe dovuto rigettare il ricorso e motivare sul punto.
Successivamente l’orientamento si è più nettamente delineato con la sentenza 19 novembre 2022 n.34049, la quale ha richiamato espressamente la decisione della Consulta ed ha affermato, stavolta a chiare note, che il fatto che è all’origine del licenziamento include “il nesso causale tra le scelte organizzative del datore di lavoro e il recesso del contratto, che si configura come extrema ratio, per l’impossibilità di collocare altrove il lavoratore”.
Tale principio è stato da ultimo ribadito, in questi esatti termini, da Cass.2 dicembre 2022 n.35496.
Con la sentenza n.26246 del 6 settembre 2022 la Cassazione ha stabilito che, in ragione delle riforme apportate dalla l.n.92/12 all'art.18 nonchè a seguito della introduzione per i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 del c.d. contratto a tutele crescenti, deve ritenersi venuto meno il preesistente regime in forza del quale la reintegrazione era l'unica sanzione prevista in caso di licenziamento nullo o illegittimo, per cui il rapporto non può più dirsi assistito da quel regime di stabilità che consentiva, per i lavoratori assoggettati per limiti dimensionali all'art.18, l.n.300/70, la decorrenza della prescrizione in costanza di rapporto.
La sentenza ha già suscitato ampio dibattito ed anche molte voci di dissenso, anche alla luce dell'intervento della Corte Costituzionale di cui alle sentenze n.59/21 e n.125/22, che hanno notevolmente riespanso la tutela reintegratoria per il caso di licenziamenti dovuti a ragioni di carattere economico.